Le Star più famose d'Abruzzo: il Tour
by Gino Bucci Alias l'Abruzzese Fuorisede
Ad intervallare i silenzi agricoli, fra le montagne e il mare, in Abruzzo ci sono i paesi. Luoghi veri, tangibili, in cui respirare atmosfere antiche e in cui scorgere, perché no, piccoli lampi di gloria lontana. L’emigrazione, fra la fine dell’Ottocento e la prima metà del Novecento, ha rappresentato uno spartiacque inevitabile per la maggior parte dei paesi abruzzesi: tanti paesani sono partiti, pochi sono tornati, quasi nessuno ha dimenticato le origini.
Se si volessero seguire le tracce dei più celebri emigranti abruzzesi e dei loro figli, di coloro che, partiti con la proverbiale valigia di cartone, hanno poi trovato in giro per il mondo una vita (a volte) migliore, bisognerebbe partire dalla montagna, scendendo poi lentamente verso il mare. In realtà, in questo breve excursus sugli “abruzzesi d’America”, si andrà rigorosamente a sentimento, dedicando inoltre queste poverissime righe soltanto a coloro che si sono distinti nella scrittura, nella musica, nel cinema e nello sport, escludendo tutti gli altri pur meritevoli personaggi (scienziati, economisti, artisti di vario genere ecc.) per motivi spaziali, nonché temporali, voglio dire.
Nella frazione di Cauze, ad Introdacqua (AQ), il piccolo Pasquale D’Angelo era solito mangiare cipolle insieme alla nonna, accanto al camino. Pochi soldi, poca scuola, tanta fatica aiutando il padre in campagna. A 15 anni emigra in America insieme al suo vecchio: lì c’è il lavoro, lì c’è il sogno; ma il lavoro è tremendo, gli italiani non vengono ben visti e il padre di Pasquale se ne torna in Abruzzo. Lui no, rimane. Impara l’inglese, diventa “Pascal”, vive nelle baracche, lavora come spaccapietre, costruisce un mondo che non gli appartiene. Un sogno lo tiene in vita: vuole fare il poeta. Lascia il lavoro, comincia ad inviare le sue poesie ai giornali, non mangia quasi più, finisce a vivere in un tugurio. Quando tutto sembra volgere al peggio, una poesia di Pascal viene pubblicata da un grande giornale; il povero abruzzese diventa “il poeta della pala e del piccone”, viene celebrato e glorificato, tutti lo cercano, tutti lo vogliono… Pascal D’Angelo pubblicherà nel 1924 la sua storia, un libro di rara delicatezza chiamato “Son of Italy”: il suo unico, effimero, successo. Non ci sarà il lieto fine, dopo una breve gloria il poeta abruzzese morirà giovane e solo.
Restando nel campo della scrittura, spostandoci più a sud negli Abruzzi, riaffiora il nome di Pietro Di Donato, nativo di West Hoboken, figlio di padre vastese e madre originaria di Taranta Peligna (CH). Geremia, suo padre muratore, perse la vita il Venerdì Santo del 1923 sul lavoro, lasciando otto figli e una vedova. Il piccolo Pietro, in anticipo sui tempi, divenne a sua volta muratore per aiutare la famiglia e nel 1939, a 28 anni, pubblicò “Cristo fra i muratori”: romanzo autobiografico sul padre, sull’Abruzzo, sull’America, sulla vita, sul lavoro degli emigranti italiani. Un libro difficile e bellissimo, “La bibbia dei lavoratori”, che ebbe un buon successo e una riduzione cinematografica nel 1949.
Per concludere un ideale trio di autori abruzzesi d’oltreoceano, si potrà salire a Torricella Peligna (CH), il luogo dal quale partì Nicola Fante portandosi dietro poche lire e un mestiere. Suo figlio fu chiamato John, nacque a Denver, e diventò uno dei più maggiori scrittori del Novecento. Chi dubita di tale affermazione, chieda pure alla polvere.
Dinanzi ad un lago immerso fra le montagne, la scrittura diventa musica.
C’è Audrey Hepburn sul davanzale che suona la chitarra, George Peppard si affaccia e la osserva estasiato. “Moon River” è la canzone, l’autore è un nativo di Cleveland e si chiama Enrico Nicola Mancini, meglio noto come Henry Mancini. Suo padre, Quinto Mancini, nacque a Scanno (AQ) nel 1893, sposò Anna Carolina Pece (originaria di Forli del Sannio in Molise) e nel 1910 decise di partire per gli Stati Uniti in cerca di fortuna; trovò lavoro in una fabbrica di calzature ma non scordò mai la passione che lo aveva accompagnato fin dai tempi abruzzesi: la musica. Il primo pensiero di Quinto, una volta nato suo figlio, fu di farlo diventare un musicista: Enrico tenne fede al desiderio del padre. Henry Mancini vinse, nella sua carriera, 4 Oscar su 18 candidature: nel 1962 “Miglior canzone” (Moon River) e “Miglior colonna sonora” per “Colazione da Tiffany”; nel 1963 “Miglior canzone” per “I giorni del vino e delle rose”; nel 1983 “Miglior canzone” per “Victor Victoria”. Scrisse inoltre, fra le altre cose, il celebre tema de “La pantera Rosa”
Per quanto concerne i “crooner” l’Abruzzo può vantare due pezzi da novanta. Il primo, nativo di Canonsburg, si chiamava Pierino Ronald Como. I suoi genitori, Pietro Como e Lucia Travaglini, avevano lasciato l’amata Palena (CH) per cercare fortuna al di là dell’oceano. Divenuto Perry Como, il buon figliolo di fortuna ne aveva trovata parecchia: dagli anni ’30 agli anni ’90 fu uno dei cantanti e presentatori più amati d’America. “Papa loves mambo” e “Magic Moments” come vette musicali più conosciute; un epocale partecipazione al “Musichiere” di Mario Riva (1958) come vetta più “abruzzese”: Perry parlò quasi soltanto in dialetto.
L’altro non ha davvero bisogno di presentazioni: Dean Martin, al secolo Dino Paul Crocetti, “l’uomo più cool che sia mai esistito”. Suo padre, Gaetano Crocetti, era nato, cresciuto e pasciuto a Montesilvano, faceva il barbiere e sognava di raggiungere i fratelli emigrati in America. Quando il fratello Giuseppe gli inviò il denaro necessario, Gaetano subito partì e si stabilì a Steubenville, il resto è storia… del figlio. Nei suoi primi cinque anni di vita Dean parlò quasi soltanto in dialetto, nel volgere di pochi lustri iniziò a parlare tutte le lingue del mondo. Soleva mischiare le lingue, d’altronde, that’s amore.
Tocco da Casauria (PE) è un paese celebre per aver dato i natali al pittore Francesco Paolo Michetti e a Maria Lanza, madre di Mario Lanza, uno dei più amati tenori della storia, star assoluta degli anni ‘40 e ‘50 del Novecento. Suo padre, Antonio Cocozza, veniva da Filignano, provincia di Isernia, Molise. Sua madre era una toccolana, per l’appunto. Il giovane Alfredo Cocozza, quando iniziò a diventare famoso in America, scelse il nome d’arte “Mario Lanza” proprio in onore della mamma abruzzese: era stata lei, dolce soprano, figlia di un padre amante dell’arte, ad indirizzare il suo talento per il canto. Era stata lei a sacrificarsi e a lavorare per pagargli gli studi canori. Maria non ebbe modo di diventare una cantante, suo marito non voleva: Mario realizzò il sogno di mammà.
Erano nati entrambi a Pacentro (AQ), Gaetano Ciccone e Michelina Di Iulio: lui nel 1901, lei nel 1902. Nel 1919 si trasferirono “all’America” e non troppi anni dopo misero al mondo Silvio Ciccone, il padre di una cantante divenuta poi “discretamente” celebre: Louise Veronica Ciccone, meglio nota come Madonna. All’ombra delle torri dello splendido castello caldoresco, i pacentrani attendono da anni una visita della star, la quale, cionondimeno, dopo il terremoto aquilano del 2009 ebbe modo di donare una cifra consistente per la ricostruzione del “suo” Abruzzo.
Il 24 luglio 2004 a Carrufo (AQ), frazione di Villa Santa Lucia degli Abruzzi (poche case fra la Villa di cui sopra e Ofena, famosa per “lo svincolo” stradale), l’aria rinfrescò; si videro delle rare renne appenniniche, un elfo fece colazione al bar del paese (prese un macchiato caldo corretto), Babbo Natale ritirò 20 euro al bancomat delle poste: nel luglio 2004, a Carrufo, si festeggiò il Natale. Un ragazzo, nato il 9 settembre 1975 a Burnaby, Canada, era giunto in paese a caccia delle sue origini. Michael Bublé, il famoso cantante, girò per le antiche strade di Carrufo e si fermò davanti alla casa della nonna materna, Iolanda Moscone, quasi assorto in preghiera.
Senza dimenticare la straordinaria bassista e cantante Susan “Suzi” Kay Quatro (nonno di Sulmona) o il grande cantautore folk rock Jim Croce (con origini di Trasacco e Balsorano), dalla musica si passerà al cinema.
Volendo costruire un ideale film americano-abruzzese, il produttore non sarà difficile da scegliere: Donald P. Bellisario, autore e produttore televisivo, ideatore di alcune serie cult degli anni ’70, ’80 e ’90 (Magnum, P.I., Airwolf, JAG, I predatori dell’idolo d’oro, NCIS). Suo padre era originario di Gamberale (CH) e per due volte Donald ha visitato, con orgoglio, il suo paese.
Alla regia si potranno alternare i fratelli Anthony e Joe Russo, alfieri del Marvel Cinematic Universe, originari (per parte di madre) di Spoltore (PE) e l’ottimo Garry Kent Masciarelli (scomparso nel 2016), noto ai più come Garry Marshall, creatore di “Happy Days” e “Mork & Mindy”, regista di “Pretty Woman”, “Paura d’amare”, “Se scappi ti sposo” e molte altre pellicole. I genitori di suo padre erano emigrati verso le terre americane da San Martino sulla Marrucina (CH), sulle dolci colline teatine. Marshall più volte fu visto in paese: una prima sortita nel 1984, all’apice del successo, poi ancora in segreto negli anni Novanta. Anche la sorella Penny fu una notevole regista (prima donna ad aver diretto un film con più di 100 milioni di dollari d’incasso), attrice e amante delle sue origini (negli anni ’90, a San Martino sulla Marrucina, ritirò la cittadinanza onoraria).
Fra gli attori si potrà partire da Bradley Cooper, il nativo di Filadelfia che ha ricordato in più occasioni la nonna Assunta, originaria di Ripa Teatina (CH), colei che (pare) instillò in Brad l’amore per il cibo. La parte della protagonista potrà essere affidata a Patti Ann LuPone, attrice teatrale di gran classe (vincitrice di due “Laurence Olivier Award” e di due “Toni Award”) con i nonni paterni provenienti dalla Valle Peligna, in particolare da Pratola Peligna (AQ), paese visitato da Patti (per la prima volta) nel 2019.
Felix Silla e Vincenzo Pelliccione saranno due comprimari d’eccezione. Il primo, recentemente scomparso, dopo l’infanzia passata in Valle Peligna – in quello splendido paese disteso sulla roccia, Roccacasale (AQ) – all’età di 16 anni partì per l’America. Ivi giunto, non conoscendo una parola di inglese, decise di sfruttare le sue caratteristiche fisiche e iniziò a lavorare per il circo. Lavora che ti lavora, fu notato dalla televisione e partecipò ad un “provino al buio” per una nuova serie televisiva. Venne preso, la serie si chiamava “La famiglia Addams”, Silla fu il primo, storico, indimenticabile “Cugino Itt”. Il pelosissimo cugino è stato indubbiamente il ruolo della sua vita, ma non fu l’unico. Dopo aver interpretato il robottino “Twiki” nella serie televisiva di culto “Buck Rogers”, Felix prese parte soltanto a grandi produzioni: “Il pianeta delle scimmie”, “Star Wars – Il ritorno dello Jedi”, “Indiana Jones e il tempio maledetto”, “Batman – Il Ritorno”…
Il secondo, Vincenzo Pelliccione, meriterebbe un romanzo intero. Nato a Rosciolo dei Marsi (AQ) nel 1893, a 23 anni decise di emigrare. Per sbarcare il lunario, iniziò ad esibirsi nei teatri americani come imitatore e assunse il nome d’arte di “Eugene DeVerdi”; capitato per caso in un ristorante di Hollywood, fu notato da Sir Charles Spencer “Charlie” Chaplin. Il maestro britannico scritturò il marsicano, rendendolo la sua controfigura ufficiale per circa dieci anni.
Anche negli sport (americani e non solo) gli abruzzesi d’America sono riusciti a distinguersi.
A Pizzoferrato (CH) una possente statua, inaugurata nel 2017 alla presenza dell’immortalato, celebra Bruno Sammartino, vera e propria leggenda americana, nato in terra d’Abruzzo nel 1935, scomparso nel 2018. Sammartino si trasferì Pittsburgh nel 1950 e iniziò a farsi notare nel mondo del wrestling, arrivando a riempiere il Madison Square Garden di New York per 188 volte, conquistando il titolo di campione del mondo della WWE e mantenendolo per 2.803 giorni (record imbattuto).
Dopo aver citato, doverosamente, il “Barone” Michele Leone da Pettorano sul Gizio (AQ), istrionico campione di wrestling, e il forzuto Antonio Clevio Massimo Sabatino da Opi (AQ), pietra miliare del culturismo americano, bisognerà parlare di pugilato.
Si tornerà dunque a Ripa Teatina (CH) per omaggiare la statua di Rocco Francis Marchegiano, in arte Rocky Marciano. Marchegiano non era marchigiano, ma era Rocco, quindi abruzzese: suo padre Quirino era partito da Ripa Teatina ad inizio ‘900, destinazione Brockton. Rocco era “piccolo, italiano, riccioluto e muscoloso”, lavorava nei cantieri e picchiava duro: 49 incontri in carriera, 49 vittorie (di cui 43 per KO); campione del mondo dei pesi massimi dal 23 settembre 1952 al 27 aprile 1956; unico peso massimo della storia a ritirarsi senza mai perdere.
Batte forte, infine, l’Abruzzo nel baseball. Se Joe Flacco prima (bisnonni di Isola del Gran Sasso, TE) e Jimmy Garoppolo poi (origini vastesi) hanno calcato con successo il diamante da giocatori, “The Dodger” Tommy Lasorda è stato semplicemente “il più grande manager della storia del baseball”. Da allenatore ha vinto due volte le World Series con la sua squadra di sempre, i Los Angeles Dodgers (1981, 1988); ha portato la selezione americana all’oro olimpico nel 2000 a Sydney; è stato inserito in pompa magna nella National Baseball Hall of Fame. Suo padre Sabatino veniva da Tollo (PE), là dove nasce il vino buono, e il mitico manager ha sempre ricordato con affetto il paese dei suoi avi; a Tollo, non a caso, esiste ancora oggi un’importante scuola di baseball e softball.
Nella vita al di là dell’oceano, lontani dalla casa avita e dagli affetti antichi, in tanti hanno trovato la gloria o il fallimento (quei due grandi “impostori”), portando sempre un pezzo d’Abruzzo nella valigia o nel cuore.
“Presi il rotolo dei soldi e tornai alla betoniera. Era ridotta male e molto rovinata, come le mani di mio padre, era una parte della sua vita, così stranamente antica, come se fosse venuta da un paese lontano, da Torricella Peligna, fiabesco borgo dell’Abruzzo. La abbracciai e la baciai, e piansi per mio padre e tutti i padri…” (John Fante, “Un anno terribile”).